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Dal Nucleare alle rinnovabili, come l’Europa si appresta alla transizione energetica

La Germania spegne le centrali nucleari

In Germania sono state spente tre centrali nucleari sulle sei in totale presenti in territorio tedesco, questo per seguire la linea dettata dall’ex cancelliera tedesca Angela Merkel.
Il piano era stabilito da molto tempo, ma ha subito una brusca accelerazione in seguito al disastro ambientale di Fukushima, che ricordiamo non fu causato da problemi alla centrale ma da un terremoto di magnitudo 9.0 e da un successivo tsunami con onde di 13 metri di altezza.

Fatto sta che le centrali di Brokdorf, Grohnde e Gundremmingen hanno cessato di produrre energia elettrica per la rete nazionale tedesca. Ora, la previsione è di completare lo smantellamento totale dei reattori entro l’anno 2040, con c osti di più di 1 miliardo di euro per ciascuna centrale nucleare.

Nel 2021 (dati BDEW, la più grande associazione del settore energetico in Germania) le centrali nucleari tedesche hanno prodotto circa il 12% dell’energia tedesca, mentre più del 40% deriva invece da fonti rinnovabili, campo in cui la Germania sta investendo moltissimo. Va però anche detto, che per sopperire allo spegnimento del nucleare sono state riattivate alcune centrali a carbone, punto forte da sempre dell’industria tedesca.

In ogni caso, obiettivo dichiarato dal governo tedesco è quello di avere l’80% di energia rinnovabile entro il 2030.

Però, a parte i problemi ambientali che ruotano attorno all’energia prodotta dall’atomo, quali sono le reali ragioni della scelta tedesca?
Secondo altri stati europei la scelta della Germania è sbagliata, la stessa UE sta ragionando sull’inserire il nucleare tra le tassonomie di energia pulita, ma le dichiarazioni del direttore tecnico di Rwe Power Nuclear (che gestisce questa fase di uscita dal nucleare) sembrano propendere verso una netta motivazione economica:

  • Problema di smaltimento delle scorie (costi elevatissimi)
  • Gli investimenti sono tutti a carico dello stato (nelle rinnovabili ci sono molti investimenti privati)
  • I parchi eolici off-shore britannici hanno un prezzo dell’energia dimezzato rispetto al nucleare

la Francia che dice?
Ovviamente i nostri cugini d’oltralpe sono favorevoli al nucleare, non solo perché fino ad oggi gli ha permesso di superare la crisi energetica senza battere ciglio, ma anche perché dopo gli Stati Uniti è la nazione con il maggior numero (59) di centrali, il che rende molto complicato e costoso un piano di spegnimento.

Un aiuto dall’euopa: Energy and Industry Geography Lab

Per aiutare i progettisti europei a capire quali sono le zone dove attualmente si investe di più in un determinato tipo di energia e dove si può invece aprire un nuovo mercato, l’Unione Europea ha creato una piattaforma digitale online dove monitorare la mappa energetica europea, l’Energy and Industry Geography Lab.

mappa-produzione-energia-europea

A veder bene questa mappa si nota come l’energia eolica sia ampiamente sfruttata nei mari del Nord Europa mentre l’Italia, nonostante sia una penisola circondata dal mare, non abbia parchi eolici davvero rilevanti, ma i progetti futuri dovrebbero cambiare notevolmente questa mappa e la gerarchia europea di produzione di energia eolica rinnovabile.

D’altro canto anche noi di Enessere vogliamo dare il nostro contributo con i nostri impianti di micro eolico verticale.

Nuovi progetti eolici in Italia

Terna, società responsabile della gestione, mantenimento e sviluppo della rete elettrica nazionale italiana, ha raccolto ben 39 progetti per centrali eoliche offshore da connettere in rete per una produzione totale di 17mila megawatt.
Ovviamente in Italia la parola progetto non è sempre assimilabile al concetto di lavoro finito, ma il rinnovato interesse verso l’energia eolica è una buona base di partenza.

Questi progetti prevedono la costruzione di impianti eolici lungo la costa del basso Adriatico (Puglia), nel mar Ionio, in Sicilia e Sardegna.
Inoltre vi sono dei progetti sul mar Tirreno di fronte alla Toscana e uno molto discusso sulle coste romagnole.

Infatti, un altro problema nell’installazione dei grandi impianti (il che va a favore dei piccoli eolici come il nostro) sta nei “comitati del no”, quelli che vengono chiamati NIMBY, (lo spieghiamo in questo articolo), a volte spinti da reali ragioni ambientali e a volte meno.

Sia chiaro, noi siamo d’accordo con chi vuole preservare paesaggi ed identità di alcuni luoghi che potremmo definire iconici per l’Italia, ma è altrettanto vero che l’eolico offshore nasce proprio per non deturpare le nostre terre a favore di maggior produzione energetica con minor impatto ambientale.

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