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È così semplice la transizione energetica?

Le energie rinnovabili soppianteranno del tutto la produzione energetica con combustibile fossile? No, non è così semplice da farsi.

Sulla rivista Forbes è uscito un articolo a nome di Michael Shellenberger dove è chiarita ed analizzata la posizione della Germania, ritenuta da più un paese modello e ricco.

Lo stato tedesco si è impegnato negli ultimi anni a chiudere alcune centrali nucleari di vecchia generazione portandole ad un graduale spegnimento, portando così ad investire molto in impianti solari ed eolici, questi ultimi soprattutto nei Mari del Nord.

In effetti la capacità di produrre energia eolica dei parchi off-shore tedeschi è cresciuta nel 2019 di quasi il 21% rispetto all’anno precedente, producendo più di 6.000 megawatt (MW).

Nonostante questo primato positivo però il giornalista (e ambientalista) asserisce che la Germania detiene purtroppo il record di energia elettrica più costosa in Europa, arrivando a superare anche del 40% il prezzo medio europeo. Così lo stato tedesco nonostante abbia investito 580 miliardi di dollari in fonti rinnovabili, si trova ad avere un costo doppio di elettricità rispetto a prima, con un tendenziale aumento dei costi delle centrali a Gas e a Carbone che devono compensare la perdita di produzione elettrica nazionale del precedente nucleare.

Alla fine Shellenberger arriva alla conclusione estrema che le moderne nazioni con attività pluri energivore non possono fare affidamento esclusivo alle fonti di energia verdi per compensare la perdita del nucleare, ma dovranno per forza dipendere ancora dalla produzione di energia di origine fossile, pena la perdita di competitività industriale a causa dell’eccessivo costo dell’elettricità verde.

Energie rinnovabili: è anche una questione etica

Shellenberger ha ragione?
Se guardiamo al puro conto economico probabilmente si, oggi come oggi i macro impianti solari ed eolici se anche producono enormi quantità di energia non sono sufficienti a far fronte alla richiesta industriale dei paesi moderni, ma forse la domanda che dobbiamo porci è un altra, dobbiamo sforzarci di guardare le cose da un altra prospettiva.

Ma oggi conta davvero solo il fattore economico? Non capiamo il rischio che stiamo correndo?
Davvero i benefici ambientali non sono così importanti e prima di tutto, poniamo la competitività economica? Le esternalità negative dei sistemi di produzione a base di fossili sono a costo zero?
E poi, se invece di continuare a promuovere solo i grandi impianti centralizzati con un vecchio approccio del secolo scorso, perché non stimoliamo la capillare installazione di piccoli impianti domestici e per piccole aziende?  Forse questa micro generazione di energia potrebbe dare un sostegno all’economia globale, liberando parte dell’energia totale, riservandola alle utenze verso l’industria.

Vi sono ancora troppi edifici privi di impianti di auto produzione energetica ed al contempo sono energeticamente inefficienti, come si evince anche da un analisi fatta da Lega Ambiente per l’Italia ancora nel 2018.

Sempre da questa analisi si evince che più della metà delle famiglie italiane non conosce la classe energetica della propria abitazione e ciò significa che il problema è più profondo, è di natura culturale , di sensibilità al cambiamento ambientale.

Il cambiamento dipende quindi da tutti noi, dalla nostra microgenerazione e  come dice il detto “l’unione fa la forza” , questo potrebbe essere l’unico fattore veramente determinante per affrontare le sfide future.

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